La scienza della libromania

domenica 28 novembre 2010

LA FANTASTICA ED INCREDIBILE GUERRA DELLE LETTERE di MICHELE GIUNTA

Questa storia fantastica mi è stata raccontata durante un pigro pomeriggio estivo del 1963 dal mio nonno materno, tale Giuseppe Arena, costruttore e imprenditore edile molto conosciuto ed apprezzato nella città di Messina e che risiedeva in una villetta adagiata su una collina tra la zona del villaggio di S.Agata e il villaggio di Faro Superiore in una località denominata contrada di Dio. Oggi questa villetta esiste ancora ma non so chi vi abita: l’intera zona, che era un vero paradiso terrestre, è stata prepotentemente violentata dai colossali corpi di fabbrica in cemento armato dell’Università degli Studi di Messina, il nonno è passato a miglior vita ed io, a dire il vero, non è che mi senta tanto bene. Quanto sto per narrarvi - personalmente ha sapore di sigaretta e mandarino - sono ricordi antichi riposti nella cantina della mia memoria riesumati affinché non vadano persi e dimenticati. Ricordo ancora la gigantesca sagoma del nonno che indossava un abito di lino bianco mentre fumava la pipa ed io un moccioso pestifero di appena cinque anni seduto su un sedile in pietra che ascoltavo estasiato (neanche lui fosse Aristotele ed io Alessandro Magno) mangiando profumati mandarini tirrenici. E questo è quello che mi raccontò il nonno quell’afoso giorno di agosto mentre il meraviglioso spettacolo dello stretto di Messina, tra profumi di zagara e gli umidi odori della campagna, faceva da cornice all’atmosfera che si era magicamente creata per l’occasione.

LA  FANTASTICA  ED   INCREDIBILE   GUERRA DELLE LETTERE           
Tutto accadde un mattino nella Biblioteca Nazionale delle Isole Mediterranee, nella cittadina di solasulmare della Sicilia Orientale. Da poco il personale delle pulizie aveva terminato di lavare i bianchi pavimenti marmorei dei vari settori di consulenza e tutti gli innumerevoli scaffali e ripiani erano stati accuratamente spolverati: un lavoro perfetto ed efficiente, un gradevole odore di pulito pervadeva tutti gli ambienti e della polvere di qualche ora prima non v’era più alcuna traccia.La Biblioteca era la più grande del mondo, in dimensioni e per numero di volumi in essa contenuti, non aveva eguali in nessun’altra parte dell’intero globo terrestre. Milioni di libri, di poderosi volumi, di sfarzose enciclopedie delle più antiche e pregevoli, perfetti parallelepipedi di carta antica e moderna, sistemati ordinatamente ed accuratamente selezionati in posizione verticale nel rispetto di un loro ordine sistematico. Nel silenzio sovrano, dove l’unico rumore è dato dal frusciare della carta di quanti consultano i libri, e dal ssstt… continuamente sussurrato dal direttore della Biblioteca sig. Ciccino Cannistraci, gestore ed unico tutore dell’ordine e della disciplina, in un’atmosfera magica e dal sapore antico, nel settore Ovest laggiù nell’ala destra dell’immenso palazzo cinquecentesco e più precisamente al dodicesimo ripiano, giungeva dall’interno del volume 5° della Enciclopedia della Storia delle Formiche Australiane, uno strano vociare. Infatti, ironia della sorte, si trovarono, anzi si incontrarono su un rigo la lettera H ed il punto esclamativo !. Che tra i due non corresse buon sangue lo sapevano quasi tutte le lettere dell’alfabeto, spesso durante le pause per il pranzo se ne parlava, ma quel fatidico giorno purtroppo avvenne l’irreparabile.
H -      Ehi giovanotto, scansati e fammi passare che devo scendere al rigo sotto a completare una frase.
! -        Ma va là, la signora H… finalmente era tempo che non la si incontrava, per fortuna, ovviamente.
H -       Allora, sentito cosa ho detto?
I -         E meno male che sei nata muta, figuriamoci se parlavi…
H -       Senti essere ebetico, sottospecie di stecchino del Taiwan, non ho molto tempo da perdere, fai largo e non ci vuole altro!
! -        Signorina mi ha proprio rotto, se lei manifestasse un pò di educazione forse potrei accontentarla, ma vedo che lei continua a sproloquiare, pertanto si stia ferma dov’è e non ci vuole altro!
H -       Non solo sei poco utilizzato in questo volume, ti avrò visto almeno tre volte in circa quaranta pagine, ma fai pure il furbetto con quell’aria stralunata sai che ti dico… sei la vergogna della grammatica!
! -        Chi parla, lei che nella lingua italiana non ha un suono proprio e viene utilizzata per dire il motto … non vali una acca, da quale pulpito viene la predica!
Infuriata la lettera H sferrò un pugno sul corpo longilineo del punto esclamativo talmente forte che questi perse il puntino sottostante, che rotolò come una biglia percorrendo l’intero rigo sino a cadere in fondo alla pagina sulla testa di una tranquilla lettera B. Il punto esclamativo, a sua volta, diede un calcio alla H che cadde su una i. In pochi minuti tutte le lettere dell’alfabeto furono coinvolte in una rissa furibonda che sconvolse le pagine del volume. Gruppi improvvisati di lettere estremiste issarono barricate armandosi di tutto punto (e virgola) e ben presto sorsero bande svariate che lottavano sfuggendo ad ogni analisi… logica. Il conflitto si estese anche ad altri volumi ed enciclopedie e furono coinvolti persino l’alfabeto greco, il cinese, l’arabo. La guerra durò alcuni mesi e l’intensità dei combattimenti fu tale che non si riuscì a fissare neanche una breve tregua. Mezzi corazzati trasportavano lettere da un lato all’altro della biblioteca e l’esigenza di recuperare nuove truppe, fece si che anche i titoli, gli indici e le appendici, fornissero lettere fresche di stampa da immettere sul campo. I numeri da parte loro per quanto in numero esiguo rispetto alla preponderanza delle lettere, intervennero a fiancheggiare la coalizione italiana - greca contro le lettere arabo - cinesi ed organizzati al riparo di sicure e robuste radici quadrate e cubiche, inviarono interi reparti di elementi numerici recanti un vessillo con la seguente dicitura sommateci tanto… il nemico non ci dividerà. I corpi a corpi, divennero sempre più violenti, gruppi di lettere spiaccicate tra i margini di pagine sconvolte, consonanti disgiunte dalle vocali, congiuntivi separati dai loro congiunti, una vera e propria babele grammaticale a cui niente e nessuno poteva porre rimedio per ricostituire lo stato originario. Nell’immane confusione, mentre la guerra si svolgeva dappertutto senza limiti e confini e, nella quale erano impegnati circa 2 milioni trecentocinquanta lettere e 400.000 numeri, avvenne un fatto insolito. Durante una movimentata notte, tra assordanti bombardamenti e bagliori, la lettera H che aveva causato l’inizio del conflitto, per motivi di estrema sicurezza venne portata con un volo segreto, su un aereo di carta, dentro un ricettario all’interno di una piccola biblioteca svizzera. Da quel poco che è dato sapere sembra che la lettera H fosse parente stretta dello ZANICHELLI il quale, grazie all’appoggio di alcuni amici quali lo zingarelli, il ghiotti, riuscirono a farla arrivare incolume tra le pagine elvetiche. Mentre il povero punto esclamativo, che non aveva alcun santo in paradiso e che l’unico suo parente di una certa importanza era il cugino il punto interrogativo, fu processato per direttissima e nemmeno l’intervento della parola supercalifragilistiXespiralitoso che disponeva di ben 32 lettere, ed era considerata all’interno della biblioteca “una che la sapeva lunga” (con la quale erano amici d’infanzia), non poté fare nulla contro i poteri dei sopraccitati signori padroni assoluti delle lettere. Il poveraccio sempre più dimagrito e depresso, fu arrestato e condotto con un fax alla fine di una frase scritta su un menù di un ristorantino nell’Africa Settentrionale. Come se non bastasse, giunsero (pagati dai refusi) parecchie lettere mercenarie: centinaia di K, di W, di J, di X, gente senza scrupolo, pronte ad uccidere per poche manciate di spiccioli, i J e i K lasciarono persino le carte da giuoco, mentre le X si allontanarono dalle schedine, creando scompiglio e subbuglio tra i giocatori e nelle ricevitorie. Un ruolo importante ebbe la croce rossa, infatti i migliori correttori di bozze giunsero da tutte le tipografie del paese per correggere e sistemare le lettere ferite. Le lettere straniere, per quanto preparate al combattimento e ben addestrate, furono circondate da gruppi di virgole, puntini di sospensione, di virgolette che per quanto piccole nel segno, fecero sì che l’unione e la determinazione ebbe la meglio sul nemico ed infatti riuscirono con un’azione di alta strategia, a circoscriverli all’interno di robuste parentesi tonde. Una famosa battaglia che fu denominata grammatica drammatica avvenne nel territorio di pag. 58 di un volume scientifico intitolato chi, dove, quando, ma veramente, ma non mi dire, durante la quale si trovarono di fronte legioni di parole tronche - piane - sdrucciole e bisdrucciole contro gli articoli il, lo, la, i gli, le  e le particelle pronominali mi, ti, si, ci, vi, ne. La battaglia durò sino a quando un tizio che aveva preso quel volume per consultarlo finì di leggerlo e cioè tre settimane. Durante queste settimane, il tizio in questione, che era uno studente universitario di Scienze Innaturali, a causa degli scontri non riuscì a leggere correttamente neanche un rigo: le frasi erano sconnesse, i capitoli apparivano scollegati e senza senso in quanto le parole si erano mischiate tra loro. Questo giovane preparò la materia con l’ausilio di questo volume e quando si presentò alla sua facoltà e fu interrogato per sostenere l’esame, alla fine, dopo aver esposto quanto aveva “confusionariamente” studiato (ovviamente non per colpa sua) sotto lo sguardo allibito della commissione, si sentì dire:
- “Ehm… guardi sig. Bentivenga possiamo darle 30…”
- “trenta, certo che lo accetto!”
- “Beh, forse non ha capito, possiamo darle trenta calci nel sedere ognuno di noi considerato che siamo sei componenti 6 x 30 fanno 180 calci e allora che fa li prende o preferisce tornare…?”

I giorni scorrevano, mentre milioni di lettere mischiate a numeri, si battevano senza alcun motivo, con il solo scopo di eliminarsi a vicenda, senza alcuna logica, spinti soltanto da motivazioni sgrammaticate. Poi, un mattino, alle prime luci dell’alba, inaspettatamente sulla linea d’orizzonte apparvero un numero impressionante di gomme bianche, decine di colonne di gomme sorridenti e ancora confezionate comandate dal colonnello Stick: avevano puntato l’obiettivo strategico.
Silenziose ed efficaci, come solo loro sanno fare, si diressero verso i volumi, scalarono gli scaffali e si insinuarono tra le pagine …. dopo poche ore a ricordo di quella cruenta guerra, non rimasero che puliti ed anonimi fogli bianchi...



lunedì 1 novembre 2010

...e pazienza se non avrò successo^^^

Scrivere per il piacere di farlo, scrivere per il piacere di esprimere un mondo, un tempo, una storia. E poi scrivere con il segreto ed inconfessato desiderio di essere letti, di essere apprezzati, di essere ricordati.
Perché non dire che ogni scrittore coltiva questo sogno?
Certo sappiamo, noi scribacchini, che il genio non si racchiude nella nostra penna, ma qualche nostro scritto - fra le miriadi di prove e prove - alla fine viene fuori non tanto male. Che sia una piccola chicca di racconto breve, un dolce romanzo non troppo improbabile, poche parole armoniosamente inserite e prive di "orrori" ortografici, chiunque di noi racchiude alcuni fogli nel cassetto.
Ma perché vergognarcene? Perché credere che il talento si nasconda solo dentro un libro pubblicato? Se nessuno ci pubblica forse è perché non spediamo a nessuno il nostro volumetto (un po' come quelli che non vincono mai al Lotto e che quindi sono contenti di non aver mai giocato), forse non ci interessa poi molto tutto il lavoro che dovremmo fare per affrontarne la pubblicazione, l'editing, la correzione e, anche, la critica. Senza mettere poi in conto che potrebbe essere tutto un fiasco...
Allora così si continua a scrivere. Si continua a farlo senza rischiare troppo. Ci si stringe le spalle e si pensa che, in fondo, i lettori non sono pronti per noi e pazienza se, alla fine, non avremo successo.

mercoledì 20 ottobre 2010

PERCORSI OBBLIGATI ATTRAVERSO IL TEMPO di Michele Giunta

Questo che segue è un pezzo di Michele Giunta - già collaboratore de Altrodove_blog - che pubblico qui, dietro sua autorizzazione, principalmente perché mi piace molto ed anche perché trovo calzi a pennello all'uomo di oggi, così come potrebbe essere una introduzione ad un libro che potrei scrivere io.    

PERCORSI  OBBLIGATI  ATTRAVERSO  IL  TEMPO  (appunti su un nuovo  modo di esistere)

E’ dell’uomo che parlo: di quello straordinario e complesso essere bipede che calpestava la terra prima che essa scomparisse nel vuoto e che incominciò a trasgredire le regole elementari già nel giardino dell’Eden.
Non vorrei mostrami saccente davanti a voi, anche perché non ne sarei capace e non possiedo gli strumenti della conoscenza e della sapienza, ma queste parole che con disinvoltura espongo non sono assolutamente mie, esse nella loro consistenza mi sono state riferite da alcuni umani chiamati “esseri generici” superstiti di quella razza che ci portò alla distruzione globale e sono stato incaricato di dirle a voi che nutrite la speranza di uscire dai nascondigli e tornare a vivere nel nuovo presente. Sono persone molto simili a quello che noi siamo stati e li ho conosciuti nelle terre estreme sorte oltre i confini del Mondo Disperso. Sono riusciti, dopo millenni, a riproporsi e si sono liberati, nell’evoluzione infinita, delle sovrastrutture di cui eravamo colmi oltre ogni limite. Si sono liberati del peccato, dell’infamia, della cattiveria, della perfidia, dell’odio, del delirio di onnipotenza e si sono riprodotti in una nuova immagine divenendo, dopo un lungo e lento processo, depositari di un pensiero puro e creatori di una scienza umana, pronti a ridisegnare un nuovo mondo che cancelli quello che ci ha preceduto.
E questo è quanto devo dirvi, a nome di questa nuova gente: ascoltate e decidete, alla fine, su cosa fare di voi stessi.
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L’esigenza di continuare il percorso è obbligatoria, intersecata alle difficoltà oggettive disseminate qua e là tra i mille risvolti del caos quale elemento dominante delle cose. Sono le sensazioni primarie e gli aspetti peculiari che caratterizzano l’uomo da sempre ed in pochi li hanno visti passeggiare nella periferia dell’inconscio. Essi hanno transitato indisturbati tra l’anima e l’ingegno, nascosti come latitanti sin dai tempi di Aristotele e, nel corso dei secoli, sono rimasti poco utilizzati.
Dopodiché il pensiero, nelle sue peregrinazioni, giunge inevitabilmente ad un bivio sconosciuto ed effettua una sosta decisamente salutare, giusto il tempo necessario per cambiare i copertoni e farsi dare una controllata ai neuroni usurati, per rimettersi immediatamente in carreggiata. Nella sponda opposta, la trasmigrazione e cioè il passaggio dell’anima di un individuo nell’anima di un corpo nuovo, cerca di farsi largo nell’oceano della conoscenza: puntiamo allora il nostro sguardo a Pitagora, il quale si ispirava alle dottrine secondo le quali il ciclo di reincarnazioni successive conduce l’anima alla purificazione. Desistere o perseverare è l’eterno dilemma dell’essere umano, conscio delle sue illimitate possibilità ma caparbio nel dimostrare la sua determinazione nella conquista delle posizioni dominanti. Egli segue le logiche ma non sempre riesce a capirne i suoi effetti devastanti. La sua frustrazione è inevitabile ed è da considerarsi come figlia illegittima delle sue azioni progettate su schemi impuri, su tabelle ortogonali contenenti simboli e parametri indecifrabili che lui stesso ha creato e che sono sfuggite al controllo finale .I concetti su cui lui basava l’intera esistenza appaiono depotenziati nella forma ed anche le formule che dovevano garantire la solidità della struttura ontologica lo hanno tradito nello stesso modo in cui Giuda tradì il nostro Signore. La forza e la potenza che credeva di avere conquistato si sono sgretolate come friabili grissini diventando briciole di niente e ciò che garantiva la sua determinazione è andato in cancrena. Pensava, incautamente, che avrebbe dominato la natura e le forze naturali, riteneva di gestire la materia con cui ha realizzato città sproporzionate e squilibrate con getti incalcolabili di cemento, scavando su placide colline e sinuosi monti, ha distrutto le mitiche foreste, ha dirottato il corso dei fiumi, ha imprigionato l’acqua libera di seguire il suo corso e l’ha recintata in fiumi artificiali, ha deturpato l’atmosfera che circondava placida il nostro pianeta, ha ucciso i suoi simili e, spietato, ha calpestato oltre che i cadaveri anche la loro dignità. Ha fatto di tutto e di più, ha messo a tacere la sua coscienza e, con arroganza, non le ha mai dato ascolto, ha manipolato tutto quello che era lecito e ciò che non lo era, come se il mondo fosse di sua proprietà ed è riuscito a modificare persino le leggi fisiche ed a camuffare il suo buon senso, spinto solo ed esclusivamente dalla bramosia di conquistare ciò che gli era stato dato in prestito con la clausola di restituirlo. Poi, un giorno, quando si ritrovò a pochi centimetri dal baratro ed il suo “consulente etico” gli consegnò il computo metrico di quanto aveva realizzato, si rese conto che la sua esistenza non gli aveva fruttato altro che pochi centesimi di fatturato. Nonostante tutto non ebbe il coraggio di gettarsi giù, anche perché era un vigliacco incallito, ma scomparve nel nulla e con lui si volatilizzò anche quel mondo che gli aveva dato la  sua fiducia.
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Questo è tutto! Ora, a nome di questa gente, chi di voi vuole diventare un cittadino compatibile con il nuovo mondo abbia la compiacenza di seguirmi e l’umiltà di volere imparare le nozioni di base per attraversare i  nuovi territori che sono stati disegnati nel vicino futuro.
Forse non è tardi ed anche se c’è parecchio da studiare ritengo che vale sempre la pena di tentare.

lunedì 30 agosto 2010

Così finisce la mia prima Odissea...

Il Premio Odissea, quello a cui avevo partecipato, è finito, concluso e Stop. Il vincitore è Giovanni Burgio con INFEZIONE GENOMICA, e certo, appena mi arriverà la copia omaggio, non solo lo leggerò, ma mi permetterò anche di recensirlo, visto che il suo romanzo ha "battuto" il mio... Complimenti all'autore: deve essere una bella soddisfazione bucare la letteratura fantascientifica, un mondo in cui non è facile davvero entrare. E Burgio non è nuovo a tale esperienza.
Con sana invidia - e con tanti complimenti -ancora!!!

martedì 24 agosto 2010

Gli editori a pagamento non esistono

Ovvero, il Gruppo Albatros chiede soldi agli esordienti per non finire in bancarotta (ma intanto si pubblicizza su Canale 5).

La disinformazione è tornata a colpire. Troppo bello per essere vero, pensavo fosse andata in vacanza. A diffonderla è Argeta Brozi, autrice pubblicata dal Gruppo Albatros. Argeta se ne esce dicendo "C'è chi chiede l'acquisto di copie (giusto per non andare in bancarotta, visto che si è esordienti, non si è famosi e soprattutto non ci sono tanti lettori in giro)". Come detto prima, Argeta è pubblicata dal Gruppo Albatros, che fino a qualche settimana fa abbiamo visto con lunghi spot su Canale 5. Dunque, i soldi per andare su Canale 5, più e più volte al giorno li ha; per pubblicare gli esordienti no.
Un ragionamento che non fa una grinza.

Fa inorridire il fatto che si dica che il compito dell'autore è comprare le copie del proprio libro e rivenderle. Sono stupidaggini: il compito dell'autore è scrivere e collaborare con l'editore, non diventare un venditore porta a porta per contratto.Editori come Casini - gratuito - che realizzano siti web dedicati ai propri libri, li pubblicizzano con brochure e quant'altro cosa sono, alieni? Ce ne sono tanti come Casini. Il lavoro che ha fatto con la saga di Amon (di Paola Boni, scrittrice emergente) lo ha fatto con tanti altri libri. Sono lavori che i piccoli e medi editori NON a pagamento fanno quotidianamente. Pubblicizzano, promuovono, fanno di tutto per portarli in libreria; e sapete perché? Perché sono i loro soldi quelli che rischiano, e dunque devono necessariamente rientrare nelle spese. Però, ciononostante, lo fanno, rischiando - loro sì - di andare in bancarotta. Pensate siano pochi? Ebbene, avete preso una grossa cantonata.

L'editore a pagamento - di norma - non fa altro che prendere il vostro libro e stamparlo. Fine. Non lo legge nemmeno. E ne ho le prove, che vi fornirò tra un paio di mesi, entro fine anno al massimo.L'altro giorno, a Forum, c'è stata una ragazza che ha portato lì il suo datore di lavoro perché questo voleva pagarla per il 30% in denaro e col 70% di merci prodotte dalla propria azienda. Indovinate qual è stata la sentenza? Il giudice ha detto che non è concepibile che un dipendente si assuma il rischio d'impresa della propria azienda, andando a vendere al posto dell'azienda stessa le merci prodotte.Vedete qualche analogia?
Datemi una mano. Condividete questa nota, riscrivetela, l'importante è che si contrasti in ogni maniera quest'assurda disinformazione che DEVE essere sradicata.

Linda Rando
Amministratrice di Writer's Dream

lunedì 14 giugno 2010

Cominciamo dall'incipit

Nulla è più difficile che scrivere un incipit che colpisca abbastanza da indurre un lettore a continuare, appunto, nel suo mestiere: leggere.
Ciononostante è ancora più complicato - secondo il mio modesto parere - tenere alta l'attenzione a seguito di un buon e studiato inizio. Mi è capitato spesso di incontrare un buon incipit, ma un noiosissimo continuo e ciò è anche il mio peggiore e personale incubo. Studiare, riscrivere, correggere le prime dieci o venti pagine è abbastanza "facile" anche perché ogni manoscritto parte solitamente da un'idea che vogliamo a tutti i costi esporre - o tracciare - nelle prime battute, mentre il corpo del romanzo è ben più difficile da portare avanti. Ci si perde, ci si dimentica i tratti originali dei personaggi, si fanno troppe derivazioni, o troppe poche - in una parola ci si perde in prima persona. Figuriamoci cosa può accadere poi al lettore che la storia non la conosce a priori ed i cui "spezzoni", che a noi autori paiono piccoli mosaici all'interno di una grande opera, per detto lettore invece sono solo, appunto, spezzoni di pietruzze colorate e pateticamente slegate dall'insieme.

Cominciamo allora dall'incipit, questo grande e sconosciuto portale, a volte riccamente adornato ed a guardia di una stanza desolatamente vuota e priva di personalità.

La luce si spezzettava in mille colori, mescolandosi alle gocce d’acqua della fontanella. L’ombra delle nuvole ne attenuava leggermente l’intensità, che subito ridiveniva splendente non appena il vento le spingeva via.

Chiara continuava a sognare, mentre i capelli le ombreggiavano dolcemente le guance. I suoi occhi verdi erano fissi in un punto lontano, oltre l’orizzonte. Aveva le mani calde, nonostante fosse marzo e l’aria fosse ancora fredda.

Le grida dei merli che si corteggiavano riempiva lo spazio del giardino, ma sebbene il piccolo cortile fosse delimitato da alte case grigie, per Chiara era come se non ci fossero confini attorno a lei.

“L’ora d’aria è terminata!” disse la voce aspra della secondina “Tutte dentro!”

Meccanicamente, Chiara seguì le compagne, sempre con lo sguardo oltre il cielo. Lì, oltre le nuvole, oltre la Terra stessa, c’erano gli occhi scuri del suo bambino. Occhi fissi e sorpresi, eppure sempre pieni d’amore per lei.

Per quegli occhi, il tempo non c’era.

(da "Giochi d'acqua" - racconto breve)

Naturalmente molta differenza passa tra un racconto breve ed un romanzo, poiché nel primo la tensione di una vicenda può essere mantenuta ai massimi livelli senza appesantire tutto il libro. Ciononostante, cosa vi aspettereste dopo un tale incipit?

lunedì 17 maggio 2010

LO SPLENDORE DELLA LUCE INTERFASICA

Ciò che resta sempre costante sul nostro piccolo pianeta e nell'Universo è la somma di massa ed energia.

“Nell’Altrodove, così come nel Verodove, la massa e l’energia sono lati del medesimo foglio ed al diminuire dell’una corrisponde l’aumento dell’altra e viceversa.

In ogni universo parallelo, la costante letargica della massa oscura è il componente essenziale della Teoria della luce interfasica. L’universo è composto quasi del 30% di materia oscura e del 65% di energia oscura – o “mancante” e perciò invisibile – ma individuabile in quanto segue le medesime leggi fisiche della materia visibile e, quindi, possiede le stesse caratteristiche di interazione con i corpi celesti.
La luce interfasica che – come ormai assodato – mantiene il suo stato fluido nel cosidetto limbo – ovvero in quella regione anomala dello spazio tra Verodove ed Altrodove – interagisce con la materia oscura in maniera peculiare. Essa la attraversa modificando la sua struttura temporale e creando così i presupposti dell’Anomalia temporale stessa. Tale alterazione è un fattore destabilizzante per il mondo del Verodove.
In questa collocazione va individuata la componente empatica dell’Altrodove.”

tratto da “L’ULTIMO ANTICO" – Ritorno ad Altrodove parte III”

giovedì 29 aprile 2010

La variabile del tempo


Come già accennato, nei miei sproloqui sui mondi dell’Altrodove, una delle caratteristiche che lo compongono è il diverso scorrere del tempo. Anzi, l’inutilità stessa del tempo, poiché esso non è un elemento in divenire.
La mancanza dell’elemento tempo crea un vuoto assoluto che è principalmente silenzio.
“…l'Universo Primo è la Madre e gli Universi paralleli i suoi Figli ed essi sono intersecati gli uni con gli altri in un labirinto dove il tempo viene incanalato in variabili sempre diverse - con leggi fisiche anche in contrapposizione, ma rigorose e certe - allora possiamo comprendere come tutti questi mondi, enormemente distanti, sia come esseri senzienti che come livelli di esistenza, siano in realtà parte essenziale di un tutto in continua evoluzione.”
(da “Il terzo ramo della Galassia”)


Ovviamente, il primo elemento di un racconto o di un romanzo ambientato in una dimensione fantascientifica è rendere un ambiente credibile dove inserire una storia. Anche chi non possiede molte nozioni su astrofisica ed astronomia – ed io sono una di queste! – pure è ovvio che l’elemento più difficile da collocare è proprio il Tempo. Con la “T” maiuscola perché è proprio quello delle formule fisiche.
I miei tentativi, devo dire la verità, mi soddisfano almeno dal punto di vista teorico. Nell’Altrodove, il Tempo non è una variabile e questo perché l’Altrodove stesso è in antitesi con il Verodove, che è l’altro lato della medaglia degli universi fenomenici. Detto questo, appare conseguente il fatto che le leggi fisiche che regolano un mondo sono diverse – badate: diverse, non contrapposte! – da quelle che vigono nei Mondi dell’Altrodove. Così entra in gioco l’interfase, ovvero il piegarsi dello spazio-tempo che permette il crearsi di un’Anomalia Temporale. Naturalmente le Anomalie Temporali, nei miei racconti sull’Altrodove, possono essere fenomeni naturali. Essi assorbono quantità indicibili di energia e nell’evoluzione dell’universo essi attingono vita attraverso l’energia di stelle morenti o di buchi neri super-massicci, la cui materia viene tramutata in energia proprio attraverso lo scorrere dell’Altrodove nel Verodove. Ma le Anomalie Temporali possono venir create anche artificialmente, con l’utilizzo controllato di materia ed anti-materia. I motori interfasici che creano il vortice attraverso cui le astronavi raggiungono velocità super-luminali, si alimentano proprio di anti-materia. Certo, direte voi, è un argomento stra-utilizzato nei romanzi di fantascienza, ma è certo un metodo che funziona sempre!
Il Tempo, nei vortici interfasici, mantiene le sue caratteristiche di variabile, ma assorbe anche l’influenza dell’Altrodove, non rallentando, ma cambiando. Esso, assieme alla luce – non più insieme di radiazioni, ma elemento fluido composto da particelle – influisce sulla materia, preservandola dalle alterazioni e rendendola essa stessa parte dell’Anomalia.
Ed è proprio lo svolgersi di queste mie teorie che sono il centro del mio terzo romanzo sull’Altrodove e che, attualmente, consta già del suo primo capitolo. Il Titolo? Certamente qualcosa che contenga la parola “Tempo”, il vero protagonista dei Mondi dell’Altrodove…
A presto, per un altro strano, lungo viaggio...


domenica 28 marzo 2010

Sogni di mezza estate… il sabba.

jatarri_witch La scopa è magica: vola all'indietro, avanti e perfino di lato! Ho dovuto faticare parecchio per capire il suo linguaggio e per piegarla ai miei voleri. E' piuttosto suscettibile ed ombrosa. Ha un profumo misto di incenso e d'erba secca. E' di faggina gialla, grossa e robusta ed il suo manico scuro è percorso fino al manico da splendide venature rosse: ancora non so di che legno è fatta, davvero non lo capisco. Forse è un insieme di essenze diverse... forse è nata dal sogno di qualche strega antica…

Introduzione ad un breve racconto di ultima fattura. Ecco di seguito la

PARTE PRIMA. - Il giorno che Ella scoprì l’altra faccia della luna.

moon_1 Il rumore era davvero assordante ed il trattore non faceva altro che sbuffare grottescamente. Ella raccolse veloce le uova che le galline avevano deposto durante la notte e riempì il paniere delicatamente, coprendolo poi con il fazzoletto rosso che usava per ripararsi dal sole quando lavorava nei campi. Chiuse gli occhi per un momento, sospirando. Certo era troppo presto per sapere, eppure qualcosa dentro di lei le stava dicendo che l’incantesimo era riuscito. Era stata attenta, aveva seguito scrupolosamente le indicazioni della Strega. Aveva bevuto il latte caldo con l’anice e la noce moscata durante il plenilunio ed aveva spruzzato la zuppa di manzo con il sangue di una gallina misto ad aceto di mele e lo aveva dato da mangiare alle sette precise al gatto nero della Strega. Si era assicurata che la leccasse per bene, la zuppa e, benché ne fosse avanzata più della metà, aveva risolto il tutto finendola lei stessa, tanto non sarebbe cambiato di molto. Mentre la mangiava, strizzando gli occhi per non sentirne il sapore, sentiva su di sé gli occhi del gatto, di differenti colori: uno era giallo come l’oro, brillante e pauroso come il fuoco e l’altro era verde e freddo, morto come la giada.

“Allora, ti sbrighi? Hai finito con quelle uova?” La voce sgarbata della vecchia la fece sobbalzare.

“Si, ho finito!” rispose Ella, uscendo di corsa dall’aia e raggiungendolo sulla porta di casa.

“Quante uova sono?” chiese questa, come se davvero gliene importasse qualcosa.

“Tredici” disse Ella “tutte bianche!”

La vecchia scoprì il paniere.

“Sono opera del diavolo!” mormorò sibilando e le strappò il cesto dalle mani scaraventandolo per terra con un gesto rabbioso. La guardò torva, quasi fosse colpa sua se le uova avevano avuto quel colore.

“Adesso cosa venderemo al mercato?” le disse la vecchia, cattiva. Sputò per terra e subito coprì la saliva con la polvere, grattandola con la punta della scarpa, quasi se ne fosse pentita. Ella rimase a bocca aperta ad osservare le uova rotte sotto il sole. Il bianco s’era allargato a formare una immensa goccia ed il tuorlo spiccava brillando sotto il sole. Già alcune mosche si stavano posando frenetiche sulle uova.

“Chiudi quella bocca e va a controllare il pane! E vedi di non tirarlo fuori dal forno troppo presto: l’ultima volta sapeva troppo di farina!”

Si ficcò le mani nella grande tasca del grembiule e si allontanò zoppicando. Ella piegò la testa di lato. La Strega le aveva predetto la sfuriata della vecchia a causa di tredici gocce d’acqua, le aveva detto e questo sarebbe stato il primo segno.

“Avrò il mio Incantesimo” pensò Ella “ed allora tutto sarà diverso!”

…continua.

mercoledì 17 febbraio 2010

Premio Odissea II edizione

Premio Odissea II edizione - ecco i finalisti!

Non ci crederete mai - e nemmeno io in un primo momento - eppure è proprio così! Sono una dei sette finalisti del Premio Odissea indetto dalla DELOS BOOKS!!!
Questo è il link relativo e non lo commenterò, perché non sarebbe giusto, visto che è ancora presto, ma già essere una di quella lista è una bella soddisfazione!!
Quando avremo i risultati - e non credo sarà fra molto - vi farò sapare come sarà andata...

sabato 6 febbraio 2010

Sono a tratti sommersa
da pensieri rapidi e silenziosi
in un mare di acqua nera
e cheta.
Mi sovrastano miriadi di stelle come polvere
e tante nuvole bianche
che macchiano il cielo…
… e poi ancora silenzio
e veloci pensieri come vento…

Le pareti di questa stanza
incombono come fossero di fuoco,
come se i muri mi parlassero
come se le pietre mi irridessero
e la mia mente si stacca dal cuore,
vaga al di sopra di me stessa
e si disperde…
…e i pensieri si sommano,
le immagini sbiadiscono
e io non ricordo più
perché piangevo.

Non ho più memoria.

(tratto da “L’ultimo antico” – Ritorno ad Altrodove, Volume 3 – in fieri)

Inizia così l'avventura di Anja su Thiera, piccolo pianeta viventedel sistema binario di Chalenda e Proxima Chalenda. Il suo destino si incrocerà con l'Ultimo Antico, incorporeo figlio dell'Altrodove e si ritroverà a dover scegliere tra la sua origine umana e la sua essenza di eterea, tra l'amore per Stephan ed il travolgente legame che la lega indissolubilmente ad Ailija, a cui deve la vita.

Che ne dite? A breve vi tedierò con sinossi e alcuni brani del primo capitolo!

giovedì 14 gennaio 2010

Lo splendore della luce interfasica.

LA GENESI:

Un elemento che si trasforma, nell’oltrepassare i confini del Verodove, è la luce, che, nei mondi dell’Altrodove, acquista la consistenza dell’acqua.
Una delle difficoltà, nei romanzi di fantascienza, è proprio spiegare come possono le astronavi compiere i loro viaggi nello spazio senza che i loro occupanti muoiano di vecchiaia. Tenendo conto che gli usi di tecniche di ibernazione o di vita sospesa non permettono poi di ritrovare un pianeta a cui far ritorno e che usare i buchi neri ed i loro anti (i buchi bianchi) sono, secondo il mio parere, ormai strautilizzati, è gioco forza inventare qualcosa di nuovo che possa far diventare una storia fantastica, una storia inedita.
Avrei voluto poter fare riferimento alla teoria della relatività di Einstein, ma essa è davvero fuori dalla mia portata (??) e, perciò, ho semplicemente vagato leggera sulla superficie.
ma cosa stai dicendo?
Le “cose della natura” sono estremamente affascinanti e devo davvero dire che, purtroppo, molte volte di fronte alle sue leggi ed ai suoi sistemi, io, piccola donna, devo arrendermi. Così ho postulato senza mezze misure e queste che seguono sono le leggi della fisica dell’Altrodove:
  • L’Altrodove non è uno spazio parallelo, od uno spazio-figlio, ma il non-spazio assoluto. In esso l’immutabilità è dettata dalla mancanza della variabile tempo. Tale assenza influisce sulla materia dell’Altrodove rendendolo un mondo infuocato ed arido. E poiché non ci può essere vita in assenza di tempo, l’Altrodove è un universo inospitale e sterile.
Non contenta, ho provveduto anche a mischiare ogni legge fisica o teoria che poteva venirmi in aiuto. A tale proposito ho attinto dal concetto di Newton secondo cui gli spazi relativi fanno riferimento ad uno spazio assoluto ed ho identificato in quest’ultimo l’Altrodove stesso.
  • Le leggi che regolano la materia, mentre sono le medesime negli spazi relativi che compongono il Verodove, risultano invece diverse nell’Altrodove. Non opposte, ma semplicemente differenti.
Secondo la teoria della relatività ristretta di Einstein, la velocità della luce è una costante e lo spazio ed il tempo sono le due variabili che insieme formano lo spaziotempo. Ed ora la domanda chiave: perché la velocità della luce non può essere superata? Perché quando la velocità si approssima a quella della luce, la massa del corpo tende all'infinito.
  • Essendo l’Altrodove privo di tempo, ecco che la luce possiede la capacità di aumentare la sua velocità all’infinito, essendo la stessa massa che compone l’Altrodove infinita o, meglio, al di là dell’infinito paragonandosi più propriamente ad una non-massa. La luce perde anche le sue caratteristiche di radiazione, assumendo uno stato liquido, più o meno denso a seconda della velocità raggiunta. La famosissima formula E = mc² (dove E = energia, espressa in Joule, m = massa, espressa in kg e c = velocità della luce, espressa in m/s) vale nel Verodove così come nell’Altrodove, solo che c è espressa semplicemente in m.
Ad essere sinceri, dove mi porterà questa formula, non l’ho veramente capito nemmeno io!
  • Nell’Altrodove, così come nel Verodove, la massa e l’energia sono lati del medesimo foglio ed al diminuire dell’una corrisponde l’aumento dell’altra e viceversa.
  • Il fenomeno della luce interfasica (e cioè di c espressa in m) diviene con la completa e immediata conversione della materia in energia.
Ciò potrebbe verificarsi nel Verodove soltanto nel caso in cui la materia entrasse in contatto con l’antimateria ed, a dire il vero, è così che i motori interfasici innescano il meccanismo di creazione di questa particolare forma di luce. Poiché la luce interfasica può idealizzarsi soltanto nell’Altrodove, questa attraversa il Verodove in peculiari corridoi ,o vortici, che per ospitarla devono necessariamente acquisirne le caratteristiche e ciò avviene proprio con l’energia prodotta da materia ed anti-materia in contatto.
Se l’antimateria esista in natura o meno, a me, ovviamente non importa, in quanto il mio ambiente è rigorosamente inventato!
Poi – ma non come ultimo – a me cara è la legge della conservazione della massa: nulla si crea e nulla si distrugge, ma tutto si trasforma. Forse perché mio padre mi recitava questa filastrocca fin da quando ero una bambina. Ovviamente il concetto che la materia e l’energia siano inscindibilmente legate è qualcosa che io ho sempre percepito come abbinabile anche a quella parte di noi che è invisibile ed impalpabile dai nostri sensi e che forse – perché no? – più facilmente scopribile con l’introduzione della materia oscura in tali livelli.
  • L’Altrodove fu generatore di una razza, detta degli Antichi, la cui materia era oscura nel Verodove, incapace di coesistervi a lungo, ma influenzabile tanto da non poter poi ritornare all’Altrodove.
  • Ogni valore rimane inalterato, capace comunque di alterare invece ciò che si trova al di fuori dell’Altrodove stesso.
Con tutto ciò ho e con assoluta mancanza di logica, ho cercato di creare una teoria – detta della luce interfasica – che permetta i viaggi interstellari ad una velocità super-luminale e di, conseguenza, l’esistenza di un intero diverso livello di esistenza parallelo al Verodove ed in antitesi con esso.
divisori16
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