La scienza della libromania

lunedì 14 giugno 2010

Cominciamo dall'incipit

Nulla è più difficile che scrivere un incipit che colpisca abbastanza da indurre un lettore a continuare, appunto, nel suo mestiere: leggere.
Ciononostante è ancora più complicato - secondo il mio modesto parere - tenere alta l'attenzione a seguito di un buon e studiato inizio. Mi è capitato spesso di incontrare un buon incipit, ma un noiosissimo continuo e ciò è anche il mio peggiore e personale incubo. Studiare, riscrivere, correggere le prime dieci o venti pagine è abbastanza "facile" anche perché ogni manoscritto parte solitamente da un'idea che vogliamo a tutti i costi esporre - o tracciare - nelle prime battute, mentre il corpo del romanzo è ben più difficile da portare avanti. Ci si perde, ci si dimentica i tratti originali dei personaggi, si fanno troppe derivazioni, o troppe poche - in una parola ci si perde in prima persona. Figuriamoci cosa può accadere poi al lettore che la storia non la conosce a priori ed i cui "spezzoni", che a noi autori paiono piccoli mosaici all'interno di una grande opera, per detto lettore invece sono solo, appunto, spezzoni di pietruzze colorate e pateticamente slegate dall'insieme.

Cominciamo allora dall'incipit, questo grande e sconosciuto portale, a volte riccamente adornato ed a guardia di una stanza desolatamente vuota e priva di personalità.

La luce si spezzettava in mille colori, mescolandosi alle gocce d’acqua della fontanella. L’ombra delle nuvole ne attenuava leggermente l’intensità, che subito ridiveniva splendente non appena il vento le spingeva via.

Chiara continuava a sognare, mentre i capelli le ombreggiavano dolcemente le guance. I suoi occhi verdi erano fissi in un punto lontano, oltre l’orizzonte. Aveva le mani calde, nonostante fosse marzo e l’aria fosse ancora fredda.

Le grida dei merli che si corteggiavano riempiva lo spazio del giardino, ma sebbene il piccolo cortile fosse delimitato da alte case grigie, per Chiara era come se non ci fossero confini attorno a lei.

“L’ora d’aria è terminata!” disse la voce aspra della secondina “Tutte dentro!”

Meccanicamente, Chiara seguì le compagne, sempre con lo sguardo oltre il cielo. Lì, oltre le nuvole, oltre la Terra stessa, c’erano gli occhi scuri del suo bambino. Occhi fissi e sorpresi, eppure sempre pieni d’amore per lei.

Per quegli occhi, il tempo non c’era.

(da "Giochi d'acqua" - racconto breve)

Naturalmente molta differenza passa tra un racconto breve ed un romanzo, poiché nel primo la tensione di una vicenda può essere mantenuta ai massimi livelli senza appesantire tutto il libro. Ciononostante, cosa vi aspettereste dopo un tale incipit?
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