La scienza della libromania

domenica 28 novembre 2010

LA FANTASTICA ED INCREDIBILE GUERRA DELLE LETTERE di MICHELE GIUNTA

Questa storia fantastica mi è stata raccontata durante un pigro pomeriggio estivo del 1963 dal mio nonno materno, tale Giuseppe Arena, costruttore e imprenditore edile molto conosciuto ed apprezzato nella città di Messina e che risiedeva in una villetta adagiata su una collina tra la zona del villaggio di S.Agata e il villaggio di Faro Superiore in una località denominata contrada di Dio. Oggi questa villetta esiste ancora ma non so chi vi abita: l’intera zona, che era un vero paradiso terrestre, è stata prepotentemente violentata dai colossali corpi di fabbrica in cemento armato dell’Università degli Studi di Messina, il nonno è passato a miglior vita ed io, a dire il vero, non è che mi senta tanto bene. Quanto sto per narrarvi - personalmente ha sapore di sigaretta e mandarino - sono ricordi antichi riposti nella cantina della mia memoria riesumati affinché non vadano persi e dimenticati. Ricordo ancora la gigantesca sagoma del nonno che indossava un abito di lino bianco mentre fumava la pipa ed io un moccioso pestifero di appena cinque anni seduto su un sedile in pietra che ascoltavo estasiato (neanche lui fosse Aristotele ed io Alessandro Magno) mangiando profumati mandarini tirrenici. E questo è quello che mi raccontò il nonno quell’afoso giorno di agosto mentre il meraviglioso spettacolo dello stretto di Messina, tra profumi di zagara e gli umidi odori della campagna, faceva da cornice all’atmosfera che si era magicamente creata per l’occasione.

LA  FANTASTICA  ED   INCREDIBILE   GUERRA DELLE LETTERE           
Tutto accadde un mattino nella Biblioteca Nazionale delle Isole Mediterranee, nella cittadina di solasulmare della Sicilia Orientale. Da poco il personale delle pulizie aveva terminato di lavare i bianchi pavimenti marmorei dei vari settori di consulenza e tutti gli innumerevoli scaffali e ripiani erano stati accuratamente spolverati: un lavoro perfetto ed efficiente, un gradevole odore di pulito pervadeva tutti gli ambienti e della polvere di qualche ora prima non v’era più alcuna traccia.La Biblioteca era la più grande del mondo, in dimensioni e per numero di volumi in essa contenuti, non aveva eguali in nessun’altra parte dell’intero globo terrestre. Milioni di libri, di poderosi volumi, di sfarzose enciclopedie delle più antiche e pregevoli, perfetti parallelepipedi di carta antica e moderna, sistemati ordinatamente ed accuratamente selezionati in posizione verticale nel rispetto di un loro ordine sistematico. Nel silenzio sovrano, dove l’unico rumore è dato dal frusciare della carta di quanti consultano i libri, e dal ssstt… continuamente sussurrato dal direttore della Biblioteca sig. Ciccino Cannistraci, gestore ed unico tutore dell’ordine e della disciplina, in un’atmosfera magica e dal sapore antico, nel settore Ovest laggiù nell’ala destra dell’immenso palazzo cinquecentesco e più precisamente al dodicesimo ripiano, giungeva dall’interno del volume 5° della Enciclopedia della Storia delle Formiche Australiane, uno strano vociare. Infatti, ironia della sorte, si trovarono, anzi si incontrarono su un rigo la lettera H ed il punto esclamativo !. Che tra i due non corresse buon sangue lo sapevano quasi tutte le lettere dell’alfabeto, spesso durante le pause per il pranzo se ne parlava, ma quel fatidico giorno purtroppo avvenne l’irreparabile.
H -      Ehi giovanotto, scansati e fammi passare che devo scendere al rigo sotto a completare una frase.
! -        Ma va là, la signora H… finalmente era tempo che non la si incontrava, per fortuna, ovviamente.
H -       Allora, sentito cosa ho detto?
I -         E meno male che sei nata muta, figuriamoci se parlavi…
H -       Senti essere ebetico, sottospecie di stecchino del Taiwan, non ho molto tempo da perdere, fai largo e non ci vuole altro!
! -        Signorina mi ha proprio rotto, se lei manifestasse un pò di educazione forse potrei accontentarla, ma vedo che lei continua a sproloquiare, pertanto si stia ferma dov’è e non ci vuole altro!
H -       Non solo sei poco utilizzato in questo volume, ti avrò visto almeno tre volte in circa quaranta pagine, ma fai pure il furbetto con quell’aria stralunata sai che ti dico… sei la vergogna della grammatica!
! -        Chi parla, lei che nella lingua italiana non ha un suono proprio e viene utilizzata per dire il motto … non vali una acca, da quale pulpito viene la predica!
Infuriata la lettera H sferrò un pugno sul corpo longilineo del punto esclamativo talmente forte che questi perse il puntino sottostante, che rotolò come una biglia percorrendo l’intero rigo sino a cadere in fondo alla pagina sulla testa di una tranquilla lettera B. Il punto esclamativo, a sua volta, diede un calcio alla H che cadde su una i. In pochi minuti tutte le lettere dell’alfabeto furono coinvolte in una rissa furibonda che sconvolse le pagine del volume. Gruppi improvvisati di lettere estremiste issarono barricate armandosi di tutto punto (e virgola) e ben presto sorsero bande svariate che lottavano sfuggendo ad ogni analisi… logica. Il conflitto si estese anche ad altri volumi ed enciclopedie e furono coinvolti persino l’alfabeto greco, il cinese, l’arabo. La guerra durò alcuni mesi e l’intensità dei combattimenti fu tale che non si riuscì a fissare neanche una breve tregua. Mezzi corazzati trasportavano lettere da un lato all’altro della biblioteca e l’esigenza di recuperare nuove truppe, fece si che anche i titoli, gli indici e le appendici, fornissero lettere fresche di stampa da immettere sul campo. I numeri da parte loro per quanto in numero esiguo rispetto alla preponderanza delle lettere, intervennero a fiancheggiare la coalizione italiana - greca contro le lettere arabo - cinesi ed organizzati al riparo di sicure e robuste radici quadrate e cubiche, inviarono interi reparti di elementi numerici recanti un vessillo con la seguente dicitura sommateci tanto… il nemico non ci dividerà. I corpi a corpi, divennero sempre più violenti, gruppi di lettere spiaccicate tra i margini di pagine sconvolte, consonanti disgiunte dalle vocali, congiuntivi separati dai loro congiunti, una vera e propria babele grammaticale a cui niente e nessuno poteva porre rimedio per ricostituire lo stato originario. Nell’immane confusione, mentre la guerra si svolgeva dappertutto senza limiti e confini e, nella quale erano impegnati circa 2 milioni trecentocinquanta lettere e 400.000 numeri, avvenne un fatto insolito. Durante una movimentata notte, tra assordanti bombardamenti e bagliori, la lettera H che aveva causato l’inizio del conflitto, per motivi di estrema sicurezza venne portata con un volo segreto, su un aereo di carta, dentro un ricettario all’interno di una piccola biblioteca svizzera. Da quel poco che è dato sapere sembra che la lettera H fosse parente stretta dello ZANICHELLI il quale, grazie all’appoggio di alcuni amici quali lo zingarelli, il ghiotti, riuscirono a farla arrivare incolume tra le pagine elvetiche. Mentre il povero punto esclamativo, che non aveva alcun santo in paradiso e che l’unico suo parente di una certa importanza era il cugino il punto interrogativo, fu processato per direttissima e nemmeno l’intervento della parola supercalifragilistiXespiralitoso che disponeva di ben 32 lettere, ed era considerata all’interno della biblioteca “una che la sapeva lunga” (con la quale erano amici d’infanzia), non poté fare nulla contro i poteri dei sopraccitati signori padroni assoluti delle lettere. Il poveraccio sempre più dimagrito e depresso, fu arrestato e condotto con un fax alla fine di una frase scritta su un menù di un ristorantino nell’Africa Settentrionale. Come se non bastasse, giunsero (pagati dai refusi) parecchie lettere mercenarie: centinaia di K, di W, di J, di X, gente senza scrupolo, pronte ad uccidere per poche manciate di spiccioli, i J e i K lasciarono persino le carte da giuoco, mentre le X si allontanarono dalle schedine, creando scompiglio e subbuglio tra i giocatori e nelle ricevitorie. Un ruolo importante ebbe la croce rossa, infatti i migliori correttori di bozze giunsero da tutte le tipografie del paese per correggere e sistemare le lettere ferite. Le lettere straniere, per quanto preparate al combattimento e ben addestrate, furono circondate da gruppi di virgole, puntini di sospensione, di virgolette che per quanto piccole nel segno, fecero sì che l’unione e la determinazione ebbe la meglio sul nemico ed infatti riuscirono con un’azione di alta strategia, a circoscriverli all’interno di robuste parentesi tonde. Una famosa battaglia che fu denominata grammatica drammatica avvenne nel territorio di pag. 58 di un volume scientifico intitolato chi, dove, quando, ma veramente, ma non mi dire, durante la quale si trovarono di fronte legioni di parole tronche - piane - sdrucciole e bisdrucciole contro gli articoli il, lo, la, i gli, le  e le particelle pronominali mi, ti, si, ci, vi, ne. La battaglia durò sino a quando un tizio che aveva preso quel volume per consultarlo finì di leggerlo e cioè tre settimane. Durante queste settimane, il tizio in questione, che era uno studente universitario di Scienze Innaturali, a causa degli scontri non riuscì a leggere correttamente neanche un rigo: le frasi erano sconnesse, i capitoli apparivano scollegati e senza senso in quanto le parole si erano mischiate tra loro. Questo giovane preparò la materia con l’ausilio di questo volume e quando si presentò alla sua facoltà e fu interrogato per sostenere l’esame, alla fine, dopo aver esposto quanto aveva “confusionariamente” studiato (ovviamente non per colpa sua) sotto lo sguardo allibito della commissione, si sentì dire:
- “Ehm… guardi sig. Bentivenga possiamo darle 30…”
- “trenta, certo che lo accetto!”
- “Beh, forse non ha capito, possiamo darle trenta calci nel sedere ognuno di noi considerato che siamo sei componenti 6 x 30 fanno 180 calci e allora che fa li prende o preferisce tornare…?”

I giorni scorrevano, mentre milioni di lettere mischiate a numeri, si battevano senza alcun motivo, con il solo scopo di eliminarsi a vicenda, senza alcuna logica, spinti soltanto da motivazioni sgrammaticate. Poi, un mattino, alle prime luci dell’alba, inaspettatamente sulla linea d’orizzonte apparvero un numero impressionante di gomme bianche, decine di colonne di gomme sorridenti e ancora confezionate comandate dal colonnello Stick: avevano puntato l’obiettivo strategico.
Silenziose ed efficaci, come solo loro sanno fare, si diressero verso i volumi, scalarono gli scaffali e si insinuarono tra le pagine …. dopo poche ore a ricordo di quella cruenta guerra, non rimasero che puliti ed anonimi fogli bianchi...



lunedì 1 novembre 2010

...e pazienza se non avrò successo^^^

Scrivere per il piacere di farlo, scrivere per il piacere di esprimere un mondo, un tempo, una storia. E poi scrivere con il segreto ed inconfessato desiderio di essere letti, di essere apprezzati, di essere ricordati.
Perché non dire che ogni scrittore coltiva questo sogno?
Certo sappiamo, noi scribacchini, che il genio non si racchiude nella nostra penna, ma qualche nostro scritto - fra le miriadi di prove e prove - alla fine viene fuori non tanto male. Che sia una piccola chicca di racconto breve, un dolce romanzo non troppo improbabile, poche parole armoniosamente inserite e prive di "orrori" ortografici, chiunque di noi racchiude alcuni fogli nel cassetto.
Ma perché vergognarcene? Perché credere che il talento si nasconda solo dentro un libro pubblicato? Se nessuno ci pubblica forse è perché non spediamo a nessuno il nostro volumetto (un po' come quelli che non vincono mai al Lotto e che quindi sono contenti di non aver mai giocato), forse non ci interessa poi molto tutto il lavoro che dovremmo fare per affrontarne la pubblicazione, l'editing, la correzione e, anche, la critica. Senza mettere poi in conto che potrebbe essere tutto un fiasco...
Allora così si continua a scrivere. Si continua a farlo senza rischiare troppo. Ci si stringe le spalle e si pensa che, in fondo, i lettori non sono pronti per noi e pazienza se, alla fine, non avremo successo.
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